Entra in vigore il Digital Services Act: di cosa si tratta?

Il 25 agosto 2023 è entrato in vigore il Digital Services Act, un nuovo regolamento dell’Unione Europea (UE) finalizzato a porre freno al “far west digitale” e a introdurre misure per proteggere la privacy e i minori. L’obiettivo principale di questo regolamento è creare un ambiente digitale sicuro e affidabile in cui i diritti dei consumatori siano preservati. Le piattaforme online saranno tenute a garantire maggiore sicurezza ai consumatori, a tutelare i loro diritti, a combattere la diffusione di contenuti illegali e disinformazione, e a stabilire regole chiare e responsabilità trasparenti per le stesse piattaforme.

Un nuovo impianto normativo

Il Digital Services Act (DSA) e il Digital Markets Act (DMA) costituiscono un pacchetto di norme che si applicano in tutta l’UE e hanno due obiettivi principali. In primo luogo, mirano a creare uno spazio digitale più sicuro in cui i diritti fondamentali di tutti gli utenti dei servizi digitali siano protetti. In secondo luogo, cercano di promuovere l’innovazione, la crescita e la competitività, sia nel mercato unico europeo che a livello globale. Il DSA in particolare introduce nuovi obblighi, tra cui sistemi di segnalazione dei contenuti illegali che le piattaforme dovranno valutare e rimuovere rapidamente. Sarà inoltre vietato visualizzare annunci pubblicitari basati su dati sensibili degli utenti, come l’origine etnica o le opinioni politiche.

La tutela dell’utente è la priorità

Le nuove misure mettono al centro la protezione degli utenti online, con una particolare attenzione ai minori. Si punta a prevenire rischi sistematici e a moderare i contenuti. Inoltre, gli utenti europei dei social network dovrebbero avere la possibilità di scegliere se visualizzare i contenuti in ordine cronologico anziché basati su algoritmi.

Le piattaforme con oltre 45 milioni di utente al mese devono adeguarsi

Le piattaforme online che raggiungono almeno 45 milioni di utenti attivi online al mese, tra cui Amazon Store, AppStore, Booking, Facebook, Google, Instagram, LinkedIn, TikTok, Twitter (ora noto come “X”), Wikipedia, YouTube e Zalando, sono tenute a rispettare il Digital Services Act dopo il termine per l’adeguamento.
Alcune piattaforme, come Meta (precedentemente Facebook), hanno risposto positivamente creando un “Centro di Trasparenza” per fornire informazioni su come gli algoritmi influenzano i contenuti raccomandati. Tuttavia, altre, come Amazon e Zalando, hanno presentato ricorso contro la decisione della Commissione europea di classificarle come grandi piattaforme online soggette a obblighi aggiuntivi.

Sanzioni severe

Il Digital Services Act prevede sanzioni severe per le piattaforme che violano le regole, con multe fino al 6% del loro fatturato annuo e, in caso di recidiva, il divieto di operare sul territorio europeo. Si tratta di un passo importante per garantire un ambiente digitale più sicuro e responsabile per tutti gli utenti.

L’economia italiana è resiliente, ma i rischi restano elevati

Nel 2022 l’economia italiana cresce del 3,7%, resistendo agli effetti della guerra Russia-Ucraina, e aumentano i consumi privati, grazie alla ripresa dell’occupazione, al turismo vivace e al sostegno fiscale del potere d’acquisto reale. La crescita dei servizi e delle costruzioni compensa la debolezza del settore manifatturiero, in particolare nelle industrie ad alta intensità energetica colpite dai prezzi elevati dell’energia. Lo scenario tratteggiato dal comitato esecutivo del Fondo Monetario Internazionale, a conclusione della consultazione Article iV con l’Italia, al contempo evidenzia l’aumento dei prezzi al consumo, in gran parte a causa della crescita dei prezzi dell’energia, e il peggioramento delle condizioni finanziarie. E con l’inasprimento della politica monetaria aumentano i rendimenti dei titoli di Stato italiani.

Lavoro, salari, Pil

Il mercato del lavoro registra una forte performance, i salari nominali aumentano, ma quelli reali diminuiscono. Le riserve di capitale e di liquidità delle banche rimangono sostanzialmente stabili a livelli confortevoli, e i crediti deteriorati diminuiscono ulteriormente. Ma, avverte il Fmi, a fronte delle prospettive incerte per l’economia e del futuro andamento della politica monetaria i rischi rimangono elevati. L’ampio sostegno politico e l’aumento dei costi degli interessi mantengono i disavanzi fiscali molto elevati. Il rapporto debito pubblico/Pil è in diminuzione, ma rimane molto elevato. Una popolazione in età lavorativa in calo potrebbe ridurre la crescita a lungo termine.

Nel 2023 crescita +1,1%

Secondo le stime del Fmi la crescita dovrebbe entrare in una fase più lenta e i rischi al ribasso dominano le prospettive. Si prevede che la crescita si modererà all’1,1% nel 2023 e allo 0,9% nel 2024, per poi riprendere temporaneamente all’1,1% nel 2025. Si prevede inoltre che l’inflazione complessiva diminuirà drasticamente al 5,2% nel 2023 e al 2,5% nel 2024, trainata dal calo dei prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari.  Un inasprimento più brusco della politica monetaria, avverte il Fmi, potrebbe trasmettersi in modo asimmetrico all’Italia e aumentare ulteriormente i costi di finanziamento, mentre il rinnovato stress finanziario globale potrebbe ridurre la disponibilità di finanziamenti, causando un ridimensionamento della spesa pubblica e privata, e riaccendendo le preoccupazioni sui legami sovrano-banca-società.

Pnrr e riforme

Attuare tempestivamente ed efficacemente il Pnrr è la sollecitazione contenuta nel report conclusivo del Fmi. “Le politiche che rallentano la riduzione del debito pubblico o i ritardi prolungati nella ricezione degli esborsi di NextGenerationEU (NGEU) potrebbero sollevare problemi di finanziamento. La crescita potrebbe essere influenzata negativamente da un nuovo balzo dei prezzi dell’energia, dalla frammentazione del commercio estero e degli investimenti o da un calo generalizzato della domanda esterna”.
È necessario quindi concentrarsi su riforme strutturali ambiziose per aumentare produttività e crescita potenziale, migliorare la sicurezza energetica e soddisfare gli obiettivi climatici. Come riferisce Adnkronos, è poi importante ridurre decisamente il debito pubblico.

Paura dei furti in casa? Gli italiani si proteggono con soluzioni creative e… tecnologia

Ogni ora si verificano più di 14 furti in casa, corrispondenti a 340 al giorno e oltre 124.000 all’anno, secondo i dati ufficiali del Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Questi numeri spiegano perché molti italiani sono preoccupati di lasciare la propria abitazione, soprattutto durante l’estate. Una paura condivisa da quasi 7 italiani su 10 (69%), ovvero più di 29 milioni di persone, secondo un’indagine commissionata da Facile.it e condotta dall’istituto di ricerca EMG Different.

Il ricorso all’assicurazione è ancora scarso

Nonostante la diffusa preoccupazione, l’indagine ha rivelato che sono ancora pochi coloro che si assicurano contro i furti in casa: meno di 1 persona su 5. Queste assicurazioni sono una garanzia accessoria delle polizze casa multirischio, che proteggono i proprietari dell’immobile da una vasta gamma di eventi dannosi. Attivando la copertura contro i furti, in caso di effrazione il proprietario può essere rimborsato non solo per i beni sottratti, ma anche per i danni causati dai ladri. Tuttavia, è importante leggere attentamente il documento informativo precontrattuale per conoscere le condizioni specifiche del prodotto assicurativo. I prezzi variano in base a diversi parametri legati all’immobile e alle garanzie accessorie scelte.

Strategie anti effrazione

Molti adottano soluzioni più o meno creative per ridurre i rischi di furto. La soluzione più comune, scelta dal 46% dei rispondenti (corrispondente a 19,5 milioni di individui), è quella di affidare la sicurezza della propria abitazione a familiari o vicini di casa, chiedendo loro di svuotare la cassetta delle lettere nel 13% dei casi per nascondere l’assenza dei proprietari. Circa 12 milioni di italiani (29%) hanno optato per la tecnologia, proteggendo il proprio appartamento con un sistema di videosorveglianza, mentre il 14% ha installato inferriate alle finestre.Le strategie per nascondere l’assenza prolungata da casa sono varie: circa 3 milioni di persone hanno dichiarato di lasciare accese alcune luci, mentre circa 2,1 milioni lasciano accesa la TV o la radio. Circa 1,3 milioni di persone (3% dei rispondenti) si affidano a vigilantes privati.

Preoccupazione anche per maltempo, perdite idriche e fughe di gas

Oltre alla paura dei furti in casa, gli italiani hanno altre preoccupazioni durante le vacanze. Il 33% dei rispondenti teme che il maltempo danneggi l’abitazione, il 21% è preoccupato per perdite idriche o fughe di gas, mentre 8,5 milioni di persone temono di lasciare luci o dispositivi elettronici accesi. Facile.it ha stilato un vademecum in 5 punti per partire più tranquilli: dotare l’appartamento di un sistema di sicurezza, caricare l’auto al sicuro da sguardi indiscreti, prestare attenzione alla posta, allo zerbino e al giardino per evitare segnali di assenza prolungata, proteggersi con un’assicurazione casa adeguata e limitare l’uso dei social media per non rivelare troppo della propria assenza.

Imprese, lavoro, sostenibilità: l’Italia nel 2023 è resiliente, ma…

L’Italia che emerge dal Rapporto annuale dell’Istat per il 2023 è nel complesso resiliente. Un paese capace di resistere alla pandemia prima e allo choc energetico, con il conseguente rialzo dei prezzi, dopo, che segnala una crescita del Pil nel 2022 (+3,7%) trainata soprattutto da costruzioni e servizi.
Una tendenza positiva che sembra continuare anche nel 2023 e nel 2024, seppur con percentuali più contenute. Diversi gli aspetti su cui però l’Italia deve compiere grossi passi in avanti, anche alla luce delle direttrici indicate dal PNRR e della sua progressiva attuazione.

Più innovazione, e inclusione di giovani e donne

Nel mondo imprenditoriale, ancora caratterizzato dalla forte prevalenza di Pmi (solo l’1% delle realtà imprenditoriali è costituto da grandi aziende), diventano di fondamentale importanza innovazione, ricerca e sviluppo. In base alle analisi dell’Istituto di statistica, le imprese che innovano registrano una produttività maggiore del 37%, e se si aggiunge la ricerca e sviluppo si arriva a un +44%.
L’altro nodo critico è l’inclusione dei giovani e delle donne nel mondo del lavoro. Su questo fronte si registrano ancora le percentuali più basse d’Europa. Un dato per tutti: la quota dei Neet, i giovani che non studiano, non lavorano e non si formano, è al 20%, pari a 1,7 milioni di persone (dopo di noi solo la Romania).

Denatalità e welfare

L’Istat rileva peraltro come le donne che raggiungono i livelli più elevati di istruzione rimangano più a lungo al lavoro anche dopo aver avuto figli. La partecipazione al lavoro si lega direttamente, come dimostrato dai dati dell’Istituto, a quello della natalità (lo scorso anno si è registrato il record storico negativo inferiore a 400 mila nascite) e dell’invecchiamento demografico, che modificano direttamente la struttura del mercato lavorativo. L’Istat propone un approccio qualitativo più che quantitativo al welfare, per consentire alle nuove generazioni di fare scelte genitoriali e progettare il futuro.

Ambiente e transizione ecologica 

Grande attenzione viene data nel Rapporto anche al tema dell’ambiente, con le criticità legate soprattutto alla gestione delle risorse idriche, e della transizione ecologica, che può diventare un’ottima opportunità di inclusione lavorativa anche per donne e giovani.
Ma la transizione va guidata in maniera tale da essere socialmente sostenibile e da non acuire le disuguaglianze e la trappola della povertà. Su questo fronte però l’Italia segna anche alcuni punti a suo favore, innanzitutto nel campo delle fonti rinnovabili, dove siamo tra i paesi più performanti, anche grazie al sistema delle incentivazioni. Si è inoltre registrato un rallentamento delle emissioni di gas serra. Buoni risultati anche per quanto riguarda le aree verdi nelle città, le aree marine protette e il patrimonio boschivo, che hanno registrato una crescita consistente.

Transizione ESG, per il 60% delle imprese italiane è già in atto

Le imprese italiane che non hanno ancora avviato un percorso di transizione sostenibile e che mostrano un livello molto basso di adeguatezza ESG rappresentano solo l’8% del totale. Quasi il 60% delle aziende italiane ha iniziato a compiere i primi passi verso la sostenibilità, ma si posiziona a un livello medio-basso di adeguatezza ESG, mentre oltre il 30% si trova in uno stadio avanzato. Questi sono i principali risultati emersi dall’ESG Outlook di CRIF, un’analisi che fornisce uno sguardo approfondito sullo stato dell’arte delle tematiche ambientali, sociali e di governance in Italia, concentrandosi sulla posizione delle imprese italiane nel loro percorso di sostenibilità. Per condurre lo studio, CRIF ha selezionato alla fine del 2022 un campione rappresentativo di circa 150.000 aziende italiane, analizzandole in base alle informazioni e agli strumenti di analisi a disposizione, al fine di offrire un quadro originale delle sfide legate alla sostenibilità. 

Come misurare il livello di adeguatezza verso la sostenibilità

Un aspetto chiave dell’analisi è lo score ESG, che sintetizza il livello di adeguatezza verso la sostenibilità di ciascuna azienda, tenendo conto del settore di appartenenza e dell’area geografica in cui si trova. Lo score ESG di CRIF aggrega oltre 150 indicatori relativi agli aspetti ambientali (E), sociali (S) e di governance (G), suddivisi in aree informative definite dalla normativa come fattori EBA.
Lo score ESG di CRIF si divide in classi che rappresentano il livello di adeguatezza verso i fattori ESG: da molto alto, che include le aziende migliori, a molto basso, che rappresenta le aziende peggiori. Dall’analisi emerge che quasi il 60% delle aziende italiane si posiziona ancora a livelli medio-bassi di adeguatezza ESG, considerando anche i settori che hanno appena iniziato la transizione verso la sostenibilità, mentre oltre il 30% si trova in uno stadio avanzato. In particolare, le aziende con un fatturato superiore a 10 milioni di euro sono più avanzate nel percorso di transizione verso un’economia più sostenibile, con una maggior concentrazione nelle classi ad alta e molto alta adeguatezza ESG (39% rispetto al 33% delle imprese con un fatturato inferiore). Le piccole e medie imprese (PMI) con un fatturato inferiore a 10 milioni di euro rappresentano il segmento che necessita maggiormente di supporto nella transizione verso la sostenibilità.

Le gestione dei rischi ambientali

Uno dei principali fattori ESG analizzati è l’aspetto ambientale, che misura l’adeguatezza delle aziende nelle diverse regioni e settori industriali in relazione alla gestione dei rischi ambientali. CRIF ha valutato il livello di adeguatezza attraverso lo Score Ambientale (Score E), evidenziando un’eterogeneità significativa tra le PMI italiane nelle diverse regioni e settori. Lombardia e Piemonte risultano le regioni migliori secondo lo score ambientale, con oltre il 60% delle aziende che mostra un alto livello di adeguatezza. Tra i settori più performanti in base allo score si trovano l’immobiliare e le attività leisure. Un altro aspetto significativo analizzato dall’ESG Outlook di CRIF è l’impatto dei rischi fisici legati al cambiamento climatico e al degrado ambientale. Il 5,9% delle PMI italiane è esposto a rischi fisici acuti, mentre il 16% è esposto a rischi cronici. I rischi fisici acuti si riferiscono a disastri naturali improvvisi, mentre i rischi cronici sono legati ai cambiamenti climatici gradualmente in atto.

Valutare gli impatti finanziari a lungo termine

L’ESG Outlook ha anche sviluppato un modello proprietario per valutare gli impatti finanziari a lungo termine della transizione verso la sostenibilità, considerando costi, ricavi e investimenti. I risultati mostrano una significativa variabilità dei costi della transizione verso un’economia sostenibile tra i diversi settori. I settori ad alta intensità energetica, come l’estrazione mineraria, i trasporti, la chimica e la lavorazione dei prodotti metallici, mostrano impatti significativi, con una prevista percentuale di costi annui sul fatturato compresa tra il 3% e l’8%. I settori della lavorazione di prodotti non metallici e della produzione e distribuzione di elettricità e gas presentano impatti moderati, intorno al 2-3% annuo di costi sul fatturato. I settori dei servizi, delle attività immobiliari e del commercio mostrano un impatto marginale, inferiore allo 0,5% annuo. In generale, si osserva una forte correlazione tra l’intensità attuale delle emissioni e l’impatto della transizione. 

Frutta e verdura: gli italiani la comprano direttamente dal contadino

Frutta e verdura? Meglio acquistarla direttamente da chi la coltiva. Sono infatti circa 25 milioni gli italiani che hanno acquistato cibo dai contadini, spinti da una nuova sensibilità verso gli alimenti salutari, ma anche dalla volontà di recuperare un contatto diretto con chi coltiva i prodotti che vengono portano in tavola. È quanto emerge da un’analisi condotta dalla Coldiretti su dati Censis, diffusa in occasione della giornata mondiale della gastronomia sostenibile promossa il 18 giugno dalle Nazioni Unite. Una giornata che ha lo scopo di mettere al centro l’importanza di un’alimentazione che rispetti l’ambiente, che si avvalga di ingredienti biologici a chilometro zero, ma soprattutto che eviti gli sprechi.

Il fatturato nazionale della filiera ‘corta’ raggiunge 6 miliardi di euro l’anno

L’Italia è il Paese della Ue con la più estesa rete organizzata di mercati contadini. Con 15.000 agricoltori coinvolti in circa 1.200 farmers market di Campagna Amica, il fatturato nazionale della filiera ‘corta’ con vendita diretta di frutta, verdura e altri prodotti agroalimentari, raggiunge i 6 miliardi di euro all’anno. Si tratta di un sistema organizzato da Nord a Sud del Paese, e che non ha solo un valore economico, ma anche occupazionale e ambientale.

Avvicinare le imprese agricole ai cittadini concilia sviluppo economico e sostenibilità

Quello delle farmers market è un primato riconosciuto a livello mondiale, dove Campagna Amica si è fatta promotrice della World Farmers Markets Coalition, di cui fanno parte realtà di tutti i continenti, come Usa, Australia, Giappone, Canada, Cile, Ghana, Inghilterra, Danimarca e Norvegia, coinvolgendo 250 mila agricoltori e le loro famiglie.
“Il successo dei farmers market è frutto della legge italiana che premia la multifunzionalità dell’agricoltura e che abbiamo fortemente sostenuto per avvicinare le imprese agricole ai cittadini e conciliare lo sviluppo economico con la sostenibilità ambientale e sociale”, afferma il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini.

Ciliegie dal Cile? No grazie!

Secondo l’Ispra, riporta AGI, le vendite dirette con gli acquisti a Km zero tagliano anche del 60% lo spreco alimentare rispetto ai sistemi alimentari tradizionali, e garantiscono un contributo importante alla lotta contro l’inquinamento e i cambiamenti climatici, che provocano danni e vittime in tutto il mondo.
È stato calcolato infatti che un chilo di ciliegie dal Cile per giungere sulle tavole italiane attraverso il trasporto aereo deve percorrere quasi 12 mila chilometri, per un consumo di 6,9 chili di petrolio e l’emissione di 21,6 chili di anidride carbonica. E un chilo di mirtilli dall’Argentina deve volare per più di 11 mila chilometri, consumando 6,4 kg di petrolio che liberano 20,1 chili di anidride carbonica per ogni chilo di prodotto. 

E-bike: dopo il boom del 2022 ora si cercano gli accessori per ripararle

Nel 2023, complice l’inflazione, l’acquisto online di nuove biciclette ha registrato un rallentamento. Il 2022 ha infatti segnato un vero e proprio boom delle bici elettriche, tanto che sul portale italiano di idealo tra i 10 prodotti più cercati nella categoria ‘bici & accessori’ 7 erano differenti modelli di e-bike. Quest’anno, invece, come emerge da un’indagine del portale di comparazione prezzi, le ricerche relative alle biciclette elettriche hanno registrato una decrescita del 7%, di cui ha beneficiato il settore ricambi bici, che al contrario, sta vivendo un periodo d’oro. 

Bici da corsa e mountain bike le più cercate

Nel corso degli ultimi 12 mesi infatti solo l’11% di quanti hanno fatto ricerche online nel settore bike cercava in realtà una bici nuova, a fronte del 37% che cercava ricambi o accessori per la propria bici.
Non è un caso che nella top 20 dei prodotti che hanno registrato la maggiore crescita di interesse nel corso degli ultimi 12 mesi, siano solo due le biciclette (da corsa e mountain bike), a fronte di dodici accessori deputati alla riparazione. In dettaglio, forcelle, gruppi completi e batterie per bici elettriche, che hanno registrato un boom di oltre il 200% rispetto all’anno precedente, reggisella (+83%), attrezzi per la riparazione (+59%), carrelli per bici (+51%), ciclo computer (+50%), lucchetti (+50%), pedali (+36%) e copertoni (+35%).

Ricambi e accessori +25%, biciclette -1%

Negli ultimi due anni, quindi, il settore dei ricambi e quello degli accessori per le bici hanno segnato un aumento di interesse rispettivamente di oltre il 25%, a fronte di una diminuzione dell’1% legato al comparto biciclette vero e proprio.
In questo, non va sottovalutato il ruolo dell’inflazione, che nell’ultimo biennio ha intaccato i prezzi di listino delle biciclette. In media, una bici per bambini nel 2023 è costata circa il 23% in più rispetto all’anno precedente, una bici da città il 10% in più, mentre una bici da corsa e una elettrica il 6% in più. Inoltre, complice la crescita di domanda, anche il settore ‘ricambi e accessori per bici’ ha segnato prezzi più alti, in alcuni casi anche di oltre il 20%.

Muoversi in modo sostenibile resta una priorità

Ma muoversi in modo sostenibile resta una priorità per gli italiani, soprattutto all’interno delle grandi città. Immobiliare.it ha indagato quali quartieri cittadini sono più ambiti dai ciclisti, e ha scoperto che al primo posto si trova il milanese Affori, Bovisa, al secondo il Centro di Torino, e al terzo ancora il milanese Città Studi, Susa.
Appena sotto il podio, si piazzano due quartieri romani, Eur, Torrino, Tintoretto, mentre Talenti, Monte Sacro, Nuovo Salario sono in quinta posizione. Compare anche Bologna, ma soltanto al settimo posto con Bolognina, Corticella, Pescarola.

L’e-commerce B2c raggiunge 35,2 miliardi di euro

L’e-commerce B2c, ovvero, gli acquisti online di prodotto, nel 2023 crescono del +8% rispetto al 2022, e raggiungono circa 35,2 miliardi di euro. Un incremento spiegato in parte dall’impennata dell’inflazione, soprattutto per alcuni comparti. Nel Food&Grocery, ad esempio, i volumi online di fatto nel 2023 registrano un calo. Inoltre, da parte di diversi merchant, c’è molta incertezza sulla reale capacità di raggiungere questo target, considerati i risultati non sempre rosei conseguiti nel primo trimestre 2023 e l’instabilità di contesto.
Rimane invece stabile il tasso di penetrazione dei prodotti. L’incidenza dei consumi online sui consumi totali anche nel 2023 è pari all’11%. Sono alcuni dei dati emersi dall’Osservatorio eCommerce B2C Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano.

Abbigliamento +11%

Tra i settori rappresentativi del Made in Italy, l’Abbigliamento (capi di vestiario, scarpe e accessori) cresce del +11% rispetto al 2022, e raggiunge un valore di 5,8 miliardi di euro. Le principali aree di lavoro per gli operatori del comparto riguardano l’ottimizzazione dei processi in logica di sostenibilità economica, ad esempio, negozi fisici utilizzati come centro di evasione degli ordini, gestione controllata dello smaltimento delle rimanenze di magazzino, sistemi di gestione integrata dell’inventario, e ambientale, come second-hand market, soluzioni innovative per la gestione dei resi, noleggio dei prodotti. Nonché la sperimentazione di nuovi modelli di business, in primo luogo, i marketplace.

Beauty&Pharma +10%, Arredamento +6%

La categoria Beauty&Pharma, che riunisce i prodotti farmaceutici e quelli destinati alla cura e l’igiene della persona, raggiunge i 2,4 miliardi di euro (+10%). Entrambi i segmenti, seppur con livelli di maturità differenti, stanno lavorando al consolidamento della strategia omnicanale. Il Beauty attraverso l’apertura di pop-up store omnicanale, mentre il Pharma tramite il potenziamento delle iniziative online di farmacie e attori tradizionali. L’Arredamento (arredo da interno e da esterno, oggettistica e decorazioni, accessori per la cucina, tessile, illuminazione) cresce del +6% e tocca quota 4,1 miliardi di euro. I progetti più innovativi in via di sperimentazione si concentrano soprattutto sul miglioramento della customer experience, dall’apertura di negozi di prossimità con funzionalità omnicanale a servizi di consulenza online e soluzioni di realtà aumentata per visualizzare i prodotti, e di potenziamento dei servizi in ottica di sostenibilità ambientale, come servizi di consegna green, tramite locker, o vendita di prodotti di seconda mano.

Food&Grocery +1%

Il Food&Grocery si ferma invece a +1%, e vale 4,4 miliardi di euro. Il mercato italiano nei tre i segmenti Food Delivery (piatti a domicilio), Grocery Alimentare (spesa online da supermercato) ed Enogastronomia (cibi e bevande di nicchia), attraversa una fase di consolidamento sia dell’offerta sia della domanda. Gli investimenti dei merchant, finora focalizzati sul potenziamento dell’infrastruttura logistica e sulla sperimentazione di servizi di consegna a valore aggiunto, sono sempre più finalizzati a minimizzare i costi logistici e a incrementare gli ordini, agendo sulla frequenza di acquisto o sull’ampliamento della base utenti.

Un e-commerce di successo deve saper comprare la fiducia degli acquirenti 

La prima sfida da vincere per avere successo online è costruire un rapporto di fiducia con l’acquirente. Se infatti il 47,1% degli italiani acquista settimanalmente qualcosa online, tra chi è ‘offline’ una nutrita schiera di irriducibili ritiene ancora pericoloso acquistare in rete.
“Online è possibile costruire un sito web dedito alla vendita di prodotti contraffatti, e di conseguenza il consumatore non può sentirsi totalmente protetto da venditori disonesti, il cui obiettivo finale magari è solo quello di sottrarre dati personali, o ancora peggio, quelli della carta di credito – spiega Vendula Cirova, responsabile marketing in Italia per l’e-commerce di lentiamo.it -. Una transazione online non offre, per forza di cose, le stesse opportunità di una vendita tradizionale, e all’acquirente è chiesto di rinunciare a esercitare un giudizio ‘a pelle’ sull’esercente”.

Basta poco per individuare i siti meno affidabili

“Questa riluttanza verso lo shopping online, che esiste ancora, non scomparirà mai del tutto, ma certamente negli anni è diminuita grazie a una maggiore capacità di analisi da parte dei consumatori. Infatti, basta veramente poco per individuare gli e-commerce meno affidabili”, aggiunge Cirova.
Il team IT di lentiamo.it ha quindi preparato un vademecum per orientarsi prima di procedere all’acquisto online. Prima di tutto, analizzare l’url del sito. Basta cliccare sull’icona a forma di lucchetto che precede il link e verificare se la connessione è considerata sicura o meno. Inoltre, esistono strumenti come Google Transparency Report che in pochi secondi certificano la sicurezza dei siti.

Se è troppo bello per essere vero probabilmente è una truffa

Se il business esiste già da qualche tempo e l’attività è legittima, sicuramente online è possibile reperire informazioni utili. In ogni caso, è meglio verificare le recensioni. Se il venditore è corretto, solitamente, è possibile leggere già sulla home page le recensioni raccolte da un servizio esterno certificato.
Ma se ‘è troppo bello per essere vero’ probabilmente è una truffa. Online si risparmia, a volte anche tanto, ma se il prezzo del prodotto è incredibilmente più basso rispetto ad altri e-commerce, probabilmente si nasconde una truffa. Pertanto, ogni e-commerce deve riportare i dati della società, compresa la Partita Iva. Collegandosi al sito dell’Agenzia delle Entrate, ed entrando nella sezione Verifica della partita Iva, è possibile verificare se il numero corrisponde effettivamente alla società proprietaria del sito.

Fidelizzare il cliente è un cammino molto più lungo

Se il dubbio permane, può essere un’idea contattare il servizio clienti. Se il sito è vero e reale il team dedicato all’assistenza risponderà in tempi brevi dipanando ogni incertezza.
“Conquistare la fiducia del consumatore – sottolinea Cirova – prima ancora che questo possa constatare la qualità del servizio è la sfida più importante per chi opera nel mondo dell’e-commerce: se è vero che per perderla basta una sola esperienza negativa, perché si generi un rapporto e si fidelizzi il cliente il cammino è molto più lungo”.

Smart City: un mercato da 900 milioni di euro

Il 39% dei comuni italiani con oltre 15.000 abitanti nel 2022 ha avviato almeno un progetto di Smart City. E l’89% delle amministrazioni che hanno avviato progetti negli ultimi anni vuole continuare a investire in nuove iniziative. Secondo la ricerca dell’Osservatorio Smart City della School of Management del Politecnico di Milano, il 2022 è stato un anno positivo per il mercato della Smart City, caratterizzato da una crescita del + 23% rispetto al 2021, arrivando a 900 milioni di euro. A pesare di più sono applicazioni ormai consolidate, come illuminazione pubblica, smart mobility, smart metering e smart building (12%). E grazie ai primi fondi assegnati del PNRR crescono anche soluzioni legate all’energia, come smart grid e comunità energetiche rinnovabili.

Progetti destinati ad aumentare in futuro

Il 41% dei comuni afferma di voler investire in iniziative di Smart City nel prossimo triennio. L’anno scorso era il 33%. In particolare, questi comuni si concentreranno sullo sviluppo di progetti di smart mobility, smart building, e analisi dei dati legati al turismo, alla mobilità e agli eventi in città, tutti ambiti che hanno grande potenziale per lo sviluppo di soluzioni connesse e integrate. In netto contrasto è la posizione dei comuni che non hanno ancora avviato progetti. Tra questi, solo il 28% si dichiara interessata a implementarli nei prossimi anni.

Un tema che inizia a essere conosciuto dal grande pubblico

Secondo un’indagine svolta in collaborazione con BVA Doxa, il 65% dei cittadini ha sentito parlare di Smart City, a cui la maggior parte associa il concetto di ‘città innovativa’. Il 64% reputa però ancora futuristica e distante la realizzazione di una città interamente smart. Solo l’11% esprime un parere pienamente positivo su quanto implementato, mentre il 47% crede che si potrebbe fare di più.
Il 35% poi non ritiene adeguata l’offerta digitale in città. In particolare, lamenta soprattutto difficoltà nel trovare parcheggio (54%), pessime condizioni del manto stradale (53%), criminalità e vandalismo (39%), eccessivo livello di traffico e trasporto pubblico carente (37%). È chiaro, dunque, come le priorità suggerite dai cittadini siano fortemente legate ai temi della mobilità smart e della sicurezza (41%).

Più investimenti grazie al PNRR

L’82% dei comuni ha in programma investimenti finanziati con fondi del PNRR, puntando su digitalizzazione, sostenibilità e inclusione. Degli oltre 17 miliardi di euro di finanziamenti del PNRR dedicati alle città intelligenti 2,9 rientrano nella Missione 1, relativa alla digitalizzazione della PA, ma gran parte del potenziale smart del PNRR deriva dalla Missione 2, relativa alla rivoluzione verde e transizione ecologica. Oltre dieci miliardi e mezzo (10,7) sono infatti allocati a soluzioni finalizzate ad aumentare l’efficienza energetica e la sostenibilità in chiave Smart Land.  La Missione 5 invece prevede finanziamenti ad hoc per le città, con 2,5 miliardi destinati ai Piani Urbani Integrati, che mirano a migliorare le periferie di 14 Città Metropolitane, e 1 miliardo destinato a progetti di rigenerazione urbana.